Carne suina romagnola, culla delle elaborazioni italiana
La carne suina romagnola è riconosciuta e declamata sin dall’epoca romana: Catone il Censore, Polibio e Strabone parlavano già dei prodotti tipici di origine suina accennando soprattutto al “perexsuctum” (letteralmente “asciugato”), ovvero l’antico prosciutto. La carne suina prodotta in Emilia Romagna rappresenta un sesto della produzione nazionale, per un totale di quasi un milione e trecentomila capi distribuiti su poco meno di 1200 allevamenti.
Tra questi sono presenti circa 200 strutture che, volendo valorizzare la carne suina romagnola mediante le razze autoctone (in particolare la Mora Romagnola, specie suina autentica e tradizionale), praticano l’allevamento brado, semibrado o biologico.
L’altra razza più comune e diffusa in tempi passati, la Parmigiana, è oggi ricordata dalla Nero di Parma, ottenuta con una recente opera di selezione (cominciata nel 1990) da parte di alcune associazioni provinciali di allevatori. La carne romagnola di suino è ai giorni nostri oggetto di una regolamentazione che mira a incentivare la riscoperta di quelle pratiche tradizionali migliori per il benessere degli animali, in linea con le disposizioni europee e con le idee di sviluppo di CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) e Confagricoltura.
Innumerevoli i marchi DOP che affiancano la carne romagnola, dal salame piacentino alla coppa, dal culatello fino a mortadella, cotechino e zampone.