Carne ovina romagnola, uno sguardo oltre il Parmigiano
La carne ovina romagnola, come testimoniato già dall’agronomo bolognese Luigi Tanari nel XIX secolo in una nazione italiana da poco unita, appartiene al territorio montano. La razza più diffusa per la produzione di carne ovina era la Cornella Bianca, autoctona, protagonista oggi di un progetto di recupero che vede collaborare la Provincia di Reggio Emilia con allevatori, appassionati, scuole e veterinari. È allevata soprattutto con pascolamento lungo gli argini dei fiumi.
Molto presente era la Modenese (considerata, sbagliando, estinta, rilevata però in numeri modesti), mentre ai nostri giorni le specie più comuni sono la Sarda, la Massese (che rappresenta il 65% circa) e la Appenninica.
La carne ovina romagnola viene prodotta in 123 strutture, in cui troviamo 2374 capi. Si tratta quasi esclusivamente di piccoli greggi con in media 19 esemplari. Il numero complessivo degli allevamenti ovini presenti in regione è invece stimabile in 2133 aziende e ben 62544 pecore, che rappresentano il 2% del totale nazionale. Prodotti tipici sono l’Agnellone e castrato di Romagna (QC dal 1998) e ricetta tipica l’agnello alla romagnola (diffusi anche gli insaccati di pecora).
L’allevamento ovino è in parte scoraggiato dalla presenza di lupi che, stando ai dati di Coldiretti, hanno ucciso più di 300 ovi-caprini nel solo 2014.