
Allevamento pecore, dai romani ai nostri giorni
L’allevamento di pecore rappresenta un tratto distintivo di tutta le regione mediterranea della nostra penisola. Allevate per la triplice attitudine (carne, latte e lana), sono circa 7 milioni le pecore censite sull’area italiana, con una concentrazione rispondente al 52% nelle isole (5% al nord e 43% al sud).
L’allevamento delle pecore da carne si è sviluppato nel Belpaese fin dall’epoca romana, quando la pecora rappresentava l’avanguardia dell’allevamento estensivo. Il forte radicamento nel meridione, dove ampie greggi (tra i 1000 e i 3000 capi) sono da sempre soggette a brevi o lunghe transumanze, ha dato origine anche a una morfologia territoriale caratteristica fatta di larghe strade verdi (in Puglia chiamati “tratturi”) adibite a pascolo e camminamenti.
Con transumanza si definisce la migrazione stagionale di un gregge, dai pascoli in pianura a quelli collinari o di alpeggio. Le distanze coperte oggigiorno sono minori, ma l’allevamento di pecore biologico, o meglio ancora grass fed, si mantiene brado, dando la possibilità di pascolamento per ogni esemplare, alimentato principalmente con erba. Nell’Italia centrale l’allevamento di pecore è prevalentemente stanziale, proponendo agli esemplari un’alimentazione a base di foraggio verde e integrazioni di insilati.
Alcune tra le razze di pecore da carne più diffuse sono: Sopravissana, Appenninica, Cornigliese, Finarda, Pomarancina, Merinizzata e Sambucana.